Quando un artista lascia una mole di lavoro di oltre 500 opere, di cui alcune aggredite più volte con materiali poveri e con colori condensati, il lavoro si sedimenta, a più livelli, denso di storia, di emozioni e di vita.
A compendio dell'analisi sull'opera di Luigi Fabrizi, il contesto ambientale sembra essere una contingenza di tutto rilievo. Lo stacco netto, presente tra una civiltà rurale, cui egli stesso apparteneva, e le frenesie eccessive dell'arte contemporanea, hanno prodotto da subito in questo autore un divario da superare: la soluzione di un conflitto apparente tra umanità e storia...".
“Placido è il fondo del mio mare:
chi potrebbe indovinare che esso
nasconde mostri scherzosi!
Incrollabile è la mia profondità:
ma essa luccica di guizzanti enigmi e risate”.
(Nietzsche, Cosi parlò Zarathustra)
Luigi Fabrizi – Su per le antiche scale
“…Quando un artista lascia una mole di lavoro di oltre 500 opere, di cui alcune aggredite più volte con materiali poveri e con colori condensati, il lavoro si sedimenta, a più livelli, denso di storia, di emozioni e di vita.
Guardando al lavoro del Fabrizi, alle sue anticipazioni estetiche e alle sue intuizioni concettuali, si riconferma la tesi del genius loci e dell’importanza di poter lavorare in provincia, lontano dalle contaminazioni alla moda…”.
Paola D’Andrea
“…Pur avendo creato un numero eccezionale di opere pittoriche e scultoree in nessuna di esse si avverte un gesto vuoto, superfluo, distratto, incurante. Tutto nasce da una mascherata attenzione formale e da una profonda ricerca concettuale ed emotiva che vanno a formalizzarsi in composizioni che comunicano subitaneamente la straordinaria carica sentimentale e culturale della mano che le ha tracciate…”.
Piera Peri
“Nel palazzo Ascanio Celsi di Nepi, cittadina sita su di un promontorio tufaceo nel sud est dell’Etruria, in provincia di Viterbo, e accucciata nella regione della Valle del Treja, un largo altopiano vulcanico dal paesaggio pesantemente scavato dall’azione del fiume Treja e dei suoi affluenti, un turbato erede dell’Etruria, Luigi Fabrizi, ha elaborato sculture lignee di rami d’edera e tralci di viti per anditi e scale, pianerottoli e soffitte, come fosse una “foresta”, articolando una mitologia personale. Questo straordinario artista è stato interprete di un mondo rurale subalterno e della sua décadence”.
Memmo Giovannini
“Luigi Fabrizi nasce a Nepi (Vt) il 3 settembre del 1930. Geometra, si trasferisce per lavoro in Australia, a Melbourne, all’età di trent’anni. Qui, la sua permanenza proseguirà fino al 1977, anno in cui rientra in Italia, per spostarsi nuovamente, e stavolta solo per qualche mese, in Spagna.
Dal 1978 è di nuovo, in via definitiva, nella sua cittadina natale, dove una intensa attività artistica lo accompagnerà costantemente fino al 3 dicembre del 2002.
A compendio dell’analisi sull’opera di Luigi Fabrizi, il contesto ambientale sembra essere una contingenza di tutto rilievo. Lo stacco netto, presente tra una civiltà rurale, cui egli stesso apparteneva, e le frenesie eccessive dell’arte contemporanea, hanno prodotto da subito in questo autore un divario da superare: la soluzione di un conflitto apparente tra umanità e storia…”.
Federico Caramadre Ronconi