Descrizione
Su per le antiche scale è un saggio, una raccolta ragionata sull’opera di Luigi Fabrizi.
Luigi Fabrizi, conosciuto come Gigetto, scompare alla fine del 2002.
Le sue opere e la sua onestà intellettuale restano, non solo per chi ha avuto la fortuna di frequentarlo, un prezioso lascito e un valido insegnamento.
“La luce nel sogno” è la sua ultima esposizione personale, una delle più ammirate.
Le opere di Luigi Fabrizi, ispirate alle forme del mondo naturale, sono composte da frammenti lignei esili, contorti, avviluppati in sembianze che raccontano di antiche storie emerse dalle nebbie del mito. Storie di sacrifici e di orge pagane, celebrazioni dell’energia della natura che cerca una sua fantasiosa espressione.
Queste forme subiscono, come è dovuto, continue mutazioni a causa degli elementi e degli eventi naturali… Tutto cambia…
La loro continua mutazione è persino superiore alla fantasia artistica, anzi, vera fantasia è proprio nell’espressione vitale delle mutazioni e delle creazioni della natura stessa che Luigi Fabrizi reimpagina con occhio attento e gusto estetico del significante, nei corpi di quelle che diventano così le sue opere, sculture in legno e in bronzo che vogliono riconoscere la sostanza dell’anamorfosi dell’uomo, il cui germe è presente in natura e che da essa si distingue nell’atto della scelta, nell’opzione di una cernita regolata dalle sovrastrutture del suo personale sistema.
A PROPOSITO DI LUIGI FABRIZI
“…Pur avendo creato un numero eccezionale di opere pittoriche e scultoree in nessuna di esse si avverte un gesto vuoto, superfluo, distratto, incurante. Tutto nasce da una mascherata attenzione formale e da una profonda ricerca concettuale ed emotiva che vanno a formalizzarsi in composizioni che comunicano subitaneamente la straordinaria carica sentimentale e culturale della mano che le ha tracciate…”. (Piera Peri).
“Nel palazzo Ascanio Celsi di Nepi, cittadina sita su di un promontorio tufaceo nel sud est dell’Etruria, in provincia di Viterbo, e accucciata nella regione della Valle del Treja, un largo altopiano vulcanico dal paesaggio pesantemente scavato dall’azione del fiume Treja e dei suoi affluenti, un turbato erede dell’Etruria, Luigi Fabrizi, ha elaborato sculture lignee di rami d’edera e tralci di viti per anditi e scale, pianerottoli e soffitte, come fosse una “foresta”, articolando una mitologia personale. Questo straordinario artista è stato interprete di un mondo rurale subalterno e della sua décadence”. (Memmo Giovannini).
Luigi Fabrizi nasce a Nepi (Vt) il 3 settembre del 1930. Geometra, si trasferisce per lavoro in Australia, a Melbourne, all’età di trent’anni. Qui, la sua permanenza proseguirà fino al 1977, anno in cui rientra in Italia, per spostarsi nuovamente, stavolta solo per qualche mese, in Spagna. Dal 1978 è di nuovo nella sua cittadina natale, dove un’intensa attività artistica lo accompagnerà costantemente fino al 3 dicembre del 2002. A compendio dell’analisi sull’opera di Luigi Fabrizi, il contesto ambientale sembra essere una contingenza di tutto rilievo. Lo stacco netto, presente tra una civiltà rurale, cui egli stesso apparteneva, e le frenesie eccessive dell’arte contemporanea, hanno prodotto da subito in questo autore un divario da superare: la soluzione di un conflitto apparente tra umanità e storia…